Letteratura, Recensioni & Interviste
Quattro chiacchiere con Simone Sciamè autore di Storie già viste
Nonostante abbia solo 24 anni Simone Sciamè ha le idee ben chiare. Perché fare lo scrittore non è solo un hobby o una passione, ma qualcosa di più. E con il suo Storie già viste esprime quelle che sono le sue obiezioni, dubbi e critiche “alla società in cui vivo. Osservavo comportamenti immaturi e vicini all’assurdo, realizzando poi che – spesso – sono all’ordine del giorno. Ho raccolto esperienze di vita, le ho esasperate e il risultato è la mediocrità dei cliché della vita. Proprio quello che desideravo spiegare“. Un’opera autoprodotta, acquistabile a questo link, con una campagna di crowfonding il 25 agosto “anche se alcune case editrici sono comunque interessate a pubblicarle“.
Cosa racconta il tuo libro in concreto?
“Storie già viste” parla di un analista-scrittore alla ricerca del vero amore, del suo amico professore di matematica in crisi sentimentale, di una giovane studentessa di filosofia reduce da una rottura. Il racconto mostra con ironia e amarezza le loro vicissitudini amorose.
Che personaggio è il protagonista, in qualche modo ti rappresenta?
Nel racconto non viene mostrato il Dario scrittore o analista, ma il Dario uomo. Forse, nel mio piccolo, vorrei non essere come lui. Nel personaggio di Dario penso di aver impiantato il seme della diversità.
Quali difficoltà hai trovato per scrivere il tuo primo romanzo?
Secondo la mia esperienza posso dire che ce ne sono diverse. Per scrivere occorre solitudine, silenzio, nessuna distrazione esterna. Cose difficili da ottenere se hai delle responsabilità da adempiere, impegni lavorativi, scadenze. Capita che queste responsabilità incombano quando c’è ispirazione, e diventa difficile lavorare. Nel caso di questo libro però ho scritto di getto, in pochi mesi, avendo molto tempo libero.
Cosa ti ha spinto a scrivere?
Una necessità impellente. L’idea di mostrare una parte della società e delle sue debolezze mi faceva sentire svuotato e sazio al tempo stesso. È stato come raccontare un sogno: esorcizzi le emozioni e interiorizzi il suo significato.
Tu che sei un millenials, come giudichi la tua generazione? Il rapporto che hanno con la cultura?
Percepisco questo disamore praticamente da tutta la vita. È difficile trovare appassionati di scrittura o letteratura, vengono viste come attività da vecchi bibliotecari noiosi. Quando dico che mi piace scrivere o che vorrei fare lo scrittore mi guardano con occhi spalancati e increduli, alcuni sornioni. Sembra che la scrittura, così come alcune materie umanistiche e di pensiero, abbiano subito una svalutazione. Forse merito del materialismo, forse merito del social in pochi caratteri, forse alcuni professori di liceo pigri. Credo sia un insieme di vari fattori.
Dove nasce invece il tuo amore per la letteratura?
Da quando lessi il mio primo libro: “Io uccido” di Giorgio Faletti. Avevo 16 anni.
Domanda secca: cartaceo o ebook?
Sono un fan del cartaceo. Quando penso ad un libro non penso a nulla di elettronico. Adoro carezzare le pagine, sentirne l’odore, sottolineare a matita, tornare indietro e poi ancora avanti. I libri conservano un fascino antico che non può essere sostituito da un dispositivo elettronico. E, lasciatemelo dire, speriamo sia così per sempre.
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