G-H-I, Le compagnie dalla A alla Z, Teatro
Gilberto Govi
A cinquant’ anni dalla sua scomparsa ricordiamo Gilberto Govi, forse il più grande autore ed interprete del teatro dialettale genovese. Una figura unica nel panorama teatrale italiano ed europeo…di allora e di oggi.
Gilberto Govi nasce nel popolare quartiere Castelletto a Genova il 22 ottobre 1885 da genitori di origine emiliana. Padre di Modena, funzionario delle ferrovie e madre bolognese.
Durante proprio una vacanza a Bologna presso uno zio materno che si improvvisava attore dilettante nei teatrini della città Gilberto Govi si appassiona alla recitazione tanto da spingerlo già a dodici anni a recitare in una filodrammatica.
Coltiva anche la passione per il disegno e per le caricature e frequenta l’Accademia di Belle Arti, trovando poi lavoro come disegnatore presso le Officine Elettriche di Genova all’età di sedici anni.
Dopo alcune esibizioni in un teatro di Bolzaneto si iscrive all’Accademia Filodrammatica Nazionale dove per esigenze di copione è costretto suo malgrado a recitare in italiano e non nel suo amato dialetto genovese.
Figura importante in questo periodo della vita di Govi è Virgilio Talli, milanese di nascita, già celeberrimo attore e direttore artistiche di svariate compagnie, considerato uno dei precursori della regia teatrale italiana
E’ proprio lui a spingere Govi a proseguire nella sua carriera e fondare un vero e proprio teatro dialettale genovese.
Nel 1914 con Alessandro Varaldo e Achille Chiarella fonda una compagnia chiamata proprio “Dialettale” con cui gira tutta la Liguria riscuotendo importanti successi.
Nel 1916 messo di fronte alla scelta se recitare in italiano assecondando il volere e i canoni dell’Accademia Filodrammatica oppure in dialetto genovese, si fa espellere dall’Accademia stessa con tutta la compagnia e da vita ufficialmente al teatro genovese.
I primi successi
La nuova compagnia, la Dialettale Genovese, debutta al teatro Paganini di Genova e via via in tutti i maggiori teatri della Liguria, poi a Torino ed infine ottiene la consacrazione a livello nazionale nel 1918 quando Gilberto Govi presenta al teatro filodrammatici di Milano la commedia I manezzi pe’ majà na figgia di Nicolò Bacigalupo. Critica e stampa si accorgono finalmente della grandezza dell’attore e del suo modo di fare teatro e ne danno grande risalto.
Dalle prime tournée in Sudamerica in cui la compagnia riscuote applausi oceanici grazie anche alla presenza massiccia di emigrati genovesi, Gilberto Govi presenta sui palcoscenici di mezzo mondo ben settantotto commedie alcune anche incise su vinile tra le quali ricordiamo Pignasecca e Pignaverde, Colpi di timone, Maneggi per maritare una figliola.
Fino allo scoppio della Seconda guerra mondiale la sua carriera è sempre in crescita, con varie tournée teatrali sia in Italia che all’estero. Nel 1928 recita a Roma, nel 1929 è a San Rossore ospite di Vittorio Emanuele III, nel 1930 di nuovo all’estero a Parigi.
Il Cinema
Nel 1942 inizia anche l’esperienza cinematografica che lo vede impegnato in quattro film il cui esito è piuttosto insoddisfacente: Colpi di timone (1942), diretto da Gennaro Righelli, Che tempi! (1947), diretto da Giorgio Bianchi, Il diavolo in convento (1950), diretto da Nunzio Malasomma e infine Lui, lei e il nonno (1961), girato a Napoli da Anton Giulio Majano e prodotto dall’armatore Achille Lauro, il suo unico film a colori. Ma i ritmi del cinema, con le ripetute pause, e la tecnica recitativa differente rispetto a quella del palcoscenico non lo entusiasmano. In questo periodo ha l’occasione di lanciare futuri comici: i giovanissimi Walter Chiari e Alberto Sordi.
Con la registrazione dal vivo di alcuni suoi spettacoli, il cinema gli permette di farsi conoscere dal grande pubblico.
Il Govi attore, il regista e il personaggio
Govi per gli spettatori di mezzo mondo rappresenta il vero genovese: furbo, sorridente e rude. Sulla scena è riuscito ad arricchire di umori genovesi i testi delle commedie del teatro dialettale raccontando il carattere del ligure come un coesistere di contrari: maschera e sentimento, immagine esterna e linee interiori, pubblico e privato; il ligure che sa guardare oltre l’apparenza delle cose e leggere dentro se stesso con una buona dose di humour sotto gli atteggiamenti da gente seria.
Tutti i testi che vengono scelti sono poi modificati dallo stesso Govi. Redatti in italiano, i testi sono poi tradotti dall’attore in rigoroso dialetto genovese. Inoltre la sua abilità di disegnatore gli permette di inventare le maschere da cui nascono i personaggi da portare in scena. Disegna una serie di locandine con il suo volto, tracciato dalla sua mano ferma in tutte le posizioni, di fronte come di profilo, ed in ogni sua ruga ed espressione, che vengono esposte nei foyer dei teatri come una galleria di quadri.
Gli Anni ’60 e la fine della sua carriera
Nel 1960 organizza nuovamente la compagnia per l’ultima stagione della sua carriera.
Porta in scena la commedia Il porto di casa mia, scritta dal poeta Sabatino Lopez.
A settantacinque anni, Govi comprende che é arrivato il momento di lasciare il palcoscenico e dedicarsi ad un meritato riposo, dichiarando: “Il teatro è come una bella donna: bisogna lasciarla prima che sia lei a lasciare te”.
L’ultima sua apparizione televisiva risale al 1961 per una “rèclame” in un carosello dove interpreta il simpatico personaggio di Baccere Baciccia, il portiere di un caseggiato genovese, conosciuto da tutti per la sua estrema tirchieria ma adorato dai bambini, ai quali ripete una frase rimasta celebre: “Da quell’orecchio, non ci sento; da quell’altro, così cosà…”.
Il 28 aprile 1966 Gilberto Govi muore nella sua amata Genova. Alle esequie, celebrate nella gremita Chiesa di Santa Zita, è presente anche un commosso Erminio Macario.
David Robotti
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