Arte, Castelli
Nel cuore di Milano una villa da favola
È innegabile che Milano restituisca di sé un’immagine di eleganza discreta. Abitualmente identificata come simbolo dell’Italia industriale, nelle sue vie più defilate, occupate da palazzine residenziali e da giardini privati dalla folta vegetazione, la città nasconde veri e propri tesori dell’arte e dell’architettura. È il 1932 e l’architetto Piero Portaluppi inizia la costruzione, in via Mozart, di una villa per una famiglia esponente dell’alta borghesia industriale lombarda. Stiamo parlando dei Necchi Campiglio, a cui si deve, tra l’altro, l’invenzione della celebre macchina da cucire.
A qualche isolato di distanza, appena due anni prima, lo stesso Portaluppi supervisionava i lavori dell’impresa Di Stefano e Radici per l’edificazione di una palazzina residenziale in zona Buenos Aires. Nessuno, all’epoca, poteva immaginare che in un appartamento di quella palazzina Marieda Di Stefano, figlia del costruttore, avrebbe raccolto insieme al marito Antonio Boschi (ingegnere alla Pirelli) una delle più importanti collezioni d’arte novecentesca italiana.
Queste singolari residenze oggi fanno parte del sistema delle case museo milanesi, all’interno del quale spiccano per quel carattere di singolarità che le contraddistingue. Villa Necchi Campiglio, donata al FAI nel 2001 dalle sorelle Nedda e Gigina Necchi, rappresenta un punto di svolta nella carriera di Portaluppi, per il graduale passaggio stilistico dalle linee déco verso quel razionalismo rigoroso che si afferma nel periodo a cavallo tra le due guerre mondiali. Qui vengono sfruttate tutte le innovazioni tecnologiche, tant’è che la piscina esterna riscaldata fu la prima della città. Per non parlare dei comfort di cui era dotata la casa: si pensi alla presenza dell’ascensore o dei citofoni interni.
Le sale di rappresentanza, la zona notte, i locali di servizio insieme alla palestra, alle sale per proiezioni e alle docce per la piscina, mostrano l’interesse per i valori di praticità e agiatezza, cui si accompagna il ricercato utilizzo di materiali di pregio. L’arredamento, rivisitato dopo la guerra da Tomaso Buzzi, grazie a un intervento di ‘ammorbidimento’ delle superfici, è giunto fino a noi praticamente intatto. Compreso il guardaroba delle padrone di casa, quasi che la villa fosse ancora abitata.
Una sensazione simile si può provare entrando in casa Boschi Di Stefano (la fondazione è nata nel 1998, a seguito delle donazioni di Antonio Boschi dell’appartamento e della collezione al Comune di Milano). Una volta terminati i lavori di restauro, è stata ricollocata nell’abitazione una selezione di opere della collezione – circa 300 delle 2000 raccolte dalla coppia – distribuite negli undici spazi espositivi secondo un ordine cronologico. Lascia senza parole la successione incalzante di opere di Boccioni, Severini, Carrà, Casorati, Sironi, Savinio e de Chirico, Fontana, fino alle sculture di Arturo Martini o agli Achrome di Piero Manzoni. Una passione, quella della coppia, che si è tradotta nella creazione di un museo-abitazione, in cui ogni cosa è sottomessa “alle ragioni dell’arte”.
Per tutte le informazioni su come visitare Villa Necchi Campiglio vi invitiamo a cliccare qui.
Massimiliano Simone
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