Arte, Musei
Giuseppe Pellizza, non solo Quarto stato
«V(olpedo) / Età anni 36 / Statura m 1,75 / capelli lunghi castani (…)». Così si descriveva Giuseppe Pellizza nel 1904 in una lettera indirizzata a un Ufficio pubblico per chiedere il porto d’armi.
Il 28 luglio, ricorre l’anniversario della sua nascita: come non ricordare quest’artista che deve la sua fama a una grande tela (Il quarto stato) considerata dall’opinione comune come simbolo della classe operaia? Accolta tiepidamente quando viene presentata alla Quadriennale di Torino del 1902, l’opera incontra pieno successo tramite le riproduzioni della stampa socialista, fino all’esposizione monografica della Galleria Pesaro di Milano nel 1920, per rimbalzare nei titoli di testa del capolavoro di Bertolucci Novecento. È il 1976.
Ma sarebbe riduttivo associare la grandezza dell’artista a questo quadro. Pellizza fu una personalità complessa. Lo si evince già dalla sua formazione: dall’Accademia di Brera, dove ha modo di entrare in contatto con l’ambiente artistico milanese, al viaggio a Roma, unito alla frequentazione dell’Accademia di San Luca e della scuola libera di nudo a Villa Medici. Il peregrinare dell’artista continua a Firenze, dove è allievo di Giovanni Fattori e diventa amico di Silvestro Lega. Non ancora soddisfatto della preparazione raggiunta, si reca a Bergamo per seguire i corsi di Cesare Tallone all’Accademia Carrara, fino ai rapporti intrattenuti con l’Accademia Ligustica a Genova.
Affascinato dalla pittura quattrocentesca di Beato Angelico, tiene appese nel proprio studio a Volpedo le riproduzioni delle opere del frate pittore, di cui vuol fa riviverne lo spirito attraverso gli atteggiamenti dei personaggi ritratti nei suoi quadri. Ce lo raccontano opere come La processione (1893-’95), in cui abbraccia il divisionismo: al mite sentimento religioso espresso dalle monache in cammino si unisce una certa ieraticità gestuale, che troverà completa espressione nel Quarto stato. I riferimenti sono a Leonardo, a Michelangelo, ed evidenziano i diversi registri impiegati dal pittore.
Il suo è un gioco continuo tra realtà e simbolo, studio dal vero ed elaborazione mentale, sentimento e sperimentazione tecnica. La tecnica pittorica raggiunge esiti altissimi (superiori a quelli del più conosciuto Henri Martin), attraverso l’accostamento di contrastanti ‘lineette’ di colori complementari che si rimescolano nell’occhio dell’osservatore per restituire un impasto cromatico omogeneo e rendere la pittura atmosferica. A mettere in risalto tutta la plasticità e la tridimensionalità di corpi, animali, oggetti.
Nel 1907 l’artista si toglie la vita impiccandosi nel suo studio, caduto in depressione dopo aver perso nello stesso anno la moglie e il figlio. Ignaro del successo di cui avrebbe goduto negli anni a venire…
Massimiliano Simone
Arte, Castelli
A spasso per la Reggia di Stupinigi
È stato da poco riaperto al pubblico l’Appartamento della Regina nella Palazzina di Caccia di Stupinigi dopo tredici anni di restauri e 12mila ore di lavoro. Comunemente apprezzata come capolavoro architettonico di Filippo Juvarra (edificata a partire dal 1729), la residenza sabauda conserva ancora gli arredi originali, gli stucchi e un interessantissimo ciclo di affreschi, come quelli delle stanze della Regina, tanto singolari da attirare l’attenzione del Metropolitan Museum di New York, che ha inviato alcuni esperti in esplorazione, una volta ultimato il restauro. Restauro che ha coinvolto anche le boiseries, le incorniciature a tralci di edera dorata su sfondo di vetro blu, le tappezzerie, i serramenti e i camini.
L’appartamento della sovrana, che si affaccia sul celebre salone centrale in cui è affrescato il “Trionfo di Diana”, si compone di cinque locali: anticamera, camera da letto, gabinetto da toeletta, galleria di passaggio e salotto.
Nel 1733 erano stati principalmente due i pittori incaricati di affrescare le stanze riservate alla Regina e alle sue dame di corte: il veneto Giovan Battista Crosato, che nell’anticamera dipinse il “Sacrificio di Ifigenia”, e Charles-André Van Loo, che per la camera da letto scelse come tema “Il riposo di Diana”, considerato uno dei suoi capolavori.
Il ciclo pittorico è una chiara esaltazione della figura di Diana, che rispecchia il ‘carattere’ della Palazzina, adibita a luogo di caccia e di svago. La volta dell’anticamera, poi, raffigura Ifigenia, figlia di Agamennone e Clitennestra, sostituita all’ultimo momento con un cervo sulla pira sacrificale, a rispecchiare lo stesso animale collocato a coronamento della residenza sulla cupola centrale.
Insieme agli appartamenti, è di nuovo visitabile il parco storico, che ha subito importanti interventi di recupero. Chiuso da otto anni, il giardino rappresenta la continuazione ideale della Palazzina dal forte impatto scenografico, sui cui viali si affaccia il Salone delle Feste.
Iscritta nella Lista del Patrimonio Mondiale UNESCO dal 1997, per la rinascita di Stupinigi sono stati investiti fino ad ora circa 19 milioni di euro. In un momento in cui è sempre più forte l’attenzione riservata alla tutela e alla valorizzazione dei paesaggi culturali (eletti a tema dell’ultima Conferenza Generale del Consiglio Internazionale dei Musei – ICOM tenutasi a Milano dal 3 al 9 luglio), un passaggio a Stupinigi rappresenta un’occasione da non perdere. Malgrado le lamentele avanzate tramite Tripadvisor per il costo eccessivo del biglietto (12 €), ne vale senz’altro la pena per una visita!
Massimiliano Simone
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GIOANOLA Elio
Elio Gioanola nasce a San Salvatore Monferrato (Al) nel 1939. Da bambino vive l’esperienza della Seconda Guerra Mondiale che affronterà anche nella sua futura produzione letteraria.
Gioanola ha insegnato all’Università di Genova dal 1973 al 2004, dedicando i propri studi in particolare agli scrittori del Decadentismo italiano ed europeo. Tra i principali studi svolti, troviamo quelli dedicati a Giacomo Leopardi, Giovanni Pascoli, Luigi Pirandello, Cesare Pavese e Carlo Emilio Gadda.
Nel 1976 fonda a Genova, insieme al collega Carlo Angelino e tre studenti (Adolfo Beverini, Vittorio Bo e Renato Sartoris), una casa editrice attiva ancora adesso: Il melangolo. Proprio per Il melangolo Gioanola pubblica vari saggi, tra cui Un killer dolcissimo. Indagine psicanalitica sull’opera di Italo Svevo (Il melangolo, 1986, nuova ed. Mursia 1995), in cui analizza i collegamenti più significativi tra le opere dell’autore e il suo vissuto biografico. Proprio la psicoanalisi letteraria sarà un punto centrale degli studi letterari di Elio Gioanola. Tanto è vero che nel saggio Psicanalisi, ermeneutica, letteratura (Mursia, 1991), il docente espone la necessità di superare le vecchie convenzioni che relegavano gli aspetti psicopatologici delle vite degli autori alle «curiosità biografiche».
Ma l’attività come autore letterario porta Gioanola anche a scrivere diversi romanzi come Prelio: storia di oro e stricnina (1999), Martino de Nava ha visto la Madonna: guerra e miracoli nel Monferrato del Seicento (2002), Don Chisciotte, Fausto Coppi e i misteri del castello (2010).
Nel 1996 scende anche in politica presentandosi come candidato de L’Ulivo presso il collegio di Casale Monferrato. Gioanola viene infatti sconfitto con il 37,2% dei voti da Eugenio Viale del Polo per le Libertà.
Bibliografia completa:
Cesare Pavese: la poetica dell’essere, Marzorati, 1971 (nuova ed. Milano, Garzanti, 1977)
L’uomo dei topazi saggio psicanalitico su C. E. Gadda, Il melangolo, 1977 (nuova ed. Carlo Emilio Gadda. Topazi e altre gioie familiari, Milano, Jaca book, 2004)
Pirandello, la follia, Il melangolo, 1983 (nuova ed. Milano, Jaca book, 1997)
Un killer dolcissimo : indagine psicanalitica sull’opera di Italo Svevo, Il melangolo, 1986
Il decadentismo, Studium, 1988
Psicanalisi, ermeneutica e letteratura, Mursia, 1991
Letteratura Italiana, Librex, 1992
Leopardi, la malinconia, Jaca book, 1995
La grande e la piccola guerra, Santi Quaranta, 1995
Prelio. Storia di oro e stricnina, Jaca book, 1999
Giovanni Pascoli. Sentimenti filiali di un parricida, Jaca book, 2000
Martino de Nava ha visto la Madonna: guerra e miracoli ne Monferrato del Sicento, Jaca book, 2002
Cesare Pavese. La realtà, l’altrove, il silenzio, Jaca book, 2003
Carlo Emilio Gadda. Topazi e altre gioie familiari, Jaca book, 2004
Psicanalisi e interpretazione letteraria: Leopardi, Pascoli, D’Annunzio, Saba, Montale, Penna, Quasimodo, Caproni, Sanguineti, Mussapi, Viviani, Morante, Primo Levi, Soldati, Biamonti, Jaca book, 2005
Giallo al dipartimento di psichiatria, Jaca book, 2006
Pirandelloʼs story: la vita o si vive o si scrive, Jaca book, 2007
Maìno della Spinetta. Re di Marengo e imperatore delle Alpi, Jaca book, 2008
Svevoʼs story: io non sono colui che visse ma colui che descrissi, Jaca book, 2009
Don Chisciotte, Fausto Coppi e i misteri del castello, Jaca book, 2010
Montale. L’arte è la forma di vita di chi propriamente non vive, Jaca book, 2011
La malattia dell’altrove, Jaca Book, 2013
La grande guerra di un povero contadino, Itaca, 2014
Leopardi, la malinconia, Jaca book, 2015
Manzoni. La prosa del mondo, Jaca book, 2015
In attività: Sì
Periodo di attività: Dal 1971 – in attività
Libri pubblicati: 25
Letteratura
ANTONELLI Carlo
Carlo Antonelli, oltre a essere un volto noto della provincia di Alessandria, è anche e soprattutto un affermato e stimato giornalista. Un operatore nel campo della comunicazione che negli anni non ha disdegnato nemmeno l’ambito più letterario di questo mestiere. Nato a Novi Ligure il 15 gennaio 1965, Antonelli si è laureato in Giurisprudenza presso l’Università degli Studi di Genova.
Dopo aver lavorato, intorno al 1990, per un breve periodo in Fininvest, diventò direttore artistico della Sugar Music di Caterina Caselli. Carica ricoperta dal 1993 sino al 2003. E quando il 14 luglo 2003 divenne giornalista pubblicista, gli si aprirono le porte di altre esperienze lavorative. Tanto che a novembre 2003 venne nominato direttore dell’edizione italiana di Rolling Stone in coabitazione con Michele Lupi. Quando nel settembre 2006 lo stesso Lupi abbandonò la rivista, Antonelli diventò direttore unico della rivista musicale.
Nel 2006 ha fondato la casa cinematografica First Sun, produttrice del film Io sono l’amore. Nel 2009 ha invece partecipato alla prima edizione del programma televisivo Victor Victoria – Niente è come sembra, in cui intervistava gli ospiti in una stanza buia. Dall’agosto 2011 al giugno 2013 ha diretto l’edizione italiana di Wired al posto di Riccardo Luna. Dal luglio 2013 sino all’inizio del 2016, invece, è stato direttore del mensile GQ.
Bibliografia completa:
Fuori tutti, Giulio Einaudi Editore, 1996
Discoinferno, Isbn Edizioni, 2006
Gli Anni Zero, Isbn Edizioni, 2009
In attività: Sì
Periodo di attività: 1996 – in attività.
Libri pubblicati: 3
Sito ufficiale: domusacademy.com
Rassegne Teatrali & Spettacoli, Teatro
Teatro a Corte 2016 – Castello di Agliè
Il Castello di Agliè
Prima di passare nel Settecento ai Savoia, il Castello di Aglié fu la dimora del conte e letterato Filippo San Martino d’Aglié, discendente della famiglia che ne possedeva il feudo già dal Medioevo. Su progetto di Amedeo di Castellamonte, il vecchio castello fortificato venne trasformato in palazzo; il vasto cantiere si avviò a partire dal 1642, ma l’intervento divenne sostanziale dal 1646 sviluppandosi nell’arco di circa dieci anni. Nel primo Ottocento, la residenza, che conta ben trecento stanze, fu scelta per la villeggiatura dal Re Carlo Felice e da lui fatta in parte ridecorare: sono da ammirare il grande salone da ballo affrescato e stuccato, la quadreria e le preziose collezioni di reperti archeologici. L’edificio è attorniato da un giardino all’inglese e all’italiana e da un grande parco con alberi centenari.
Villa il Meleto
Villa Il Meleto, così chiamata perché il viale d’ingresso e il terreno confinante erano coltivati a frutteto, fu la residenza estiva del poeta Guido Gozzano. Costruzione risalente alla seconda metà dell’Ottocento, era proprietà del Senatore Massimo Mautino. La villa fu donata dal Senatore alla figlia Deodata in occasione delle sue nozze con l’ingegnere Fausto Gozzano e fu utilizzata come soggiorno estivo della famiglia, dopo il trasferimento della residenza a Torino. Nel 1904 Guido Gozzano e la madre iniziarono il restauro dell’edificio giungendo al risultato ancora visibile oggi: una villa con balcone al primo piano e la facciata affrescata da glicini, secondo il gusto liberty che andava diffondendosi; attorno un giardino romantico e poco distante il frutteto e uno stagno con l’isoletta dello chalet (oggi demolito). L’edificio fu venduto nel 1912 come nuda proprietà ad un contadino, il sig. Brunasso, e rimase dunque alla famiglia Gozzano la possibilità di continuare ad abitarla. Nel 1945 la villa fu acquistata dalla signora Edvige Gatti Facchini che cercò di ritrovare gli arredi mancanti. Nel 1972 la villa passò al dottor Francesco Conrieri che la restaurò facendo minuziose ricerche in modo riportarla ad uno stato molto simile a quello descritto da Gozzano nelle sue poesie.
Gozzano, durante le sue lunghe permanenze al Meleto che alternava ai soggiorni a Torino, diede vita ad una grande produzione poetica dai toni dannunziani prima, con l’ironia borghese e realistica e con i toni della scapigliatura poi. L’eleganza e l’estetismo non caratterizzarono solo la sua opera letteraria: la sua coerenza all’ideale di vita che lo spingeva a fondere vita e poesia, lasciò che il suo personaggio apparisse dandy e raffinato. Il famoso salotto di Nonna Speranza, arredato in stile liberty, è immortalato nella poesia L’amica di Nonna Speranza.
10 luglio 2016 – Talismani I VIAGGI CON L’ASINO Claudio Zanotto Contino e l’asinella Geraldina
“Il vero viaggio di scoperta non consiste nel cercare nuove terre ma nell’avere nuovi occhi”. Queste parole di Marcel Proust ispirano dal 1995 la ricerca de I Viaggi con l’Asino, duo artistico composto da Claudio Zanotto Contino e dalla fedele asina Geraldina: insieme raccontano fiabe, leggende e tradizioni del Canavese, per ridare voce all’immenso patrimonio culturale del Piemonte. Negli ultimi anni hanno realizzato spettacoli itineranti e di lunga durata, per far vivere al pubblico la dimensione del viaggio all’aperto: appunto per guardare con altri occhi le strade che quotidianamente percorriamo.
Un’asinella e un contastorie s’incontrano in una performance site-specific studiata per la scenografica Villa Il Meleto di Agliè, residenza estiva di Guido Gozzano, poeta tra i più amati del Novecento italiano. Della produzione letteraria dello scrittore torinese, le fiabe rappresentano senza dubbio il repertorio meno conosciuto e frequentato: delle 18 pubblicate ne sono state selezionate tre, Il ballo degli gnomi, Il mugnaio e il suo signore e I tre talismani; sono quelle più vicine alle fiabe della tradizione popolare e alle leggende che da molti anni l’asinella e Claudio Zanotto Contino, collaudata coppia artistica tra le meno convenzionali del panorama teatrale, raccontano in lunghe tournée attraverso stalle e spazi atipici. Il centenario della morte di Gozzano è la giusta occasione per ridar loro voce, accompagnati dai suoni di un musicista polistrumentista.
10 luglio 2016 Re-Al Dances CASTELLO DI AGLIÈ
RE-al dances è un progetto site-specific elaborato appositamente per il Castello di Aglié da un inedito trio di coreografi e danzatori: Inés Boza, Roser Lopez Espinoza e Andrea Costanzo Martini, già apprezzato lo scorso anno in una creazione per la Palazzina di Caccia di Stupinigi. Carta bianca agli artisti per condurre lo spettatore in una visita guidata del castello che riserva curiose sorprese, dalla sala da ballo al teatrino. Ogni creatore lavora in continuità con le proprie cifre stilistiche, creando microcosmi da esplorare in una relazione intima e complice con lo spettatore.
Da bambina Inés ballava ovunque, per la strade del suo paese e alle feste popolari. Sua madre tuttavia decise di farle studiare solfeggio, chitarra, pittura, tutto tranne danza; s’iscrive a giurisprudenza, studia letteratura francese, e a 16 anni si iscrive ai primi corsi di danza, per poi trasferirsi a Granada ed iniziare la propria carriera. Si è formata a Parigi, Pamplona, Essen, Parigi, Il Cairo e Barcellona, influenzata dall’incontro con i danzatori della compagnia di Pina Bausch; oggi vive a Barcellona, dove ha creato e dirige il progetto scenico I.Boza/SenZaTemPo, un’eccellenza internazionale.
Danzatrice e coreografa catalana, Roser López Espinosa si diploma nel 2005 alla MTD – Theaterschool di Amsterdam. Ospite dei più importanti festival europei, ha presentato inoltre i suoi lavori in Egitto, Argentina, Cile, Panama, Canada e Giappone, ottenendo importanti riconoscimenti internazionali. Ha lavorato con Àngels Margarit / Cia Mudances, Cesc Gelabert; è stata prodotta dal Mercat de les Flors di Barcelona e dall’olandese Dansateliers.
Piemontese, dopo gli studi classici, Andrea Costanzo Martini, a 19 anni si trasferisce in Germania per frequentare l’Accademia di Balletto Heinz Bost Stiftung e per due anni lavora al Aalto Staat Theater di Essen. Dal 2006 lavora con la Batsheva Dance Company in Israele. Successivamente con il Cullberg Ballet di Stoccolma dove danza in creazioni di Benoit Lachambre, Alexander Ekman, Crystal Pite, Jefta Van Dinter e Tillman O’Donnel.
David Robotti
A-B-C, Le compagnie dalla A alla Z, Teatro
Boido Federico
Divenuto famoso con gli spaghetti western degli Anni 70, Federico Boido, conosciuto al grande pubblico con lo pseudonimo di Rick Boyd, nacque a Novi Ligure l’8 gennaio 1938. Fisico e caratteri somatici tipici dello stereotipo del cowboy e del fuorilegge del vecchio West, prese parte anche a numerose pellicole di successo di genere horror e film storici in costume, i cosiddetti peplum. La sua carriera sul set ebbe inizio all’età di 26 anni, arrivando a lavorare in oltre 50 film, tra cui Roy Colt & Winchester Jack, Terrore nello spazio e Diabolik (questi diretti da Mario Bava), Tre passi nel delirio e Indio Black, sai che ti dico: Sei un gran figlio di… Apparve anche in diversi film della serie cinematografica Sartana, conoscendo e lavorando negli anni con numerosi attori del cinema italiano e internazionale.
Oltre alla sua importante carriera cinematografica negli Anni ’70, divenne anche una figura eclettica nel mondo dell’arte e della scenografia in genere dipingendo numerose miniature su lastre di rame nella storica Piazza Navona, dove condivise la sua arte con altri importanti artisti e pittori romani come Paolo Salvati. Ebbe inoltre una passione sviscerata per la poesia e scrisse pubblicando numerose opere. L’ultima sua apparizione in un film è datata intorno al 1985 a fianco di Adriano Celentano in Joan Lui – Ma un giorno nel paese arrivo io di lunedì. Morirà a Roma il 7 ottobre 2014 all’età di 76 anni.
Filmografia essenziale:
Mondo balordo, regia di Roberto Bianchi Montero e Albert T. Viola (1964)
Sansone e il tesoro degli Incas, regia di Piero Pierotti (1964)
La guerra segreta (The Dirty Game), regia di Christian-Jaque, Werner Klingler, Carlo Lizzani e Terence Young (1965)
Maciste – Il vendicatore dei Maya, regia di Guido Malatesta (1965)
Djurado, regia di Giovanni Narzisi (1966)
7 winchester per un massacro, regia di Enzo G. Castellari (1967)
Corri uomo corri, regia di Sergio Sollima (1968)
Ognuno per sé, regia di Giorgio Capitani (1968)
…e per tetto un cielo di stelle, regia di Giulio Petroni (1968)
Sono Sartana, il vostro becchino, regia di Giuliano Carnimeo (1969)
I diavoli della guerra, regia di Bitto Albertini (1969)
C’è Sartana… vendi la pistola e comprati la bara, regia di Giuliano Carnimeo (1970)
Buon funerale amigos!… paga Sartana, regia di Giuliano Carnimeo (1970)
L’oro dei Bravados, regia di Giancarlo Romitelli (1970)
Sartana nella valle degli avvoltoi, regia di Roberto Mauri (1970)
Roy Colt & Winchester Jack, regia di Mario Bava (1970)
Testa t’ammazzo, croce… sei morto. Mi chiamano Alleluja, regia di Giuliano Carnimeo (1971)
Gli fumavano le Colt… lo chiamavano Camposanto, regia di Giuliano Carnimeo (1971)
Uomo avvisato mezzo ammazzato… parola di Spirito Santo, regia di Giuliano Carnimeo (1971)
Acquasanta Joe, regia di Mario Gariazzo (1971)
Quel maledetto giorno della resa dei conti, regia di Sergio Garrone (1971)
Lo chiamavano King, regia di Giancarlo Romitelli (1971)
Partirono preti, tornarono… curati, regia di Bianco Manini (1973)
Il mio nome è Shangai Joe, regia di Mario Caiano (1973)
Canterbury n° 2 – Nuove storie d’amore del ‘300, regia di Joe D’Amato (1973)
Che botte ragazzi!, regia di Bitto Albertini (1975)
Joan Lui – Ma un giorno nel paese arrivo io di lunedì, regia di Adriano Celentano (1985)
David Robotti
Rassegne Teatrali & Spettacoli, Teatro
Teatro a Corte 2016 – Parco della Tesoriera (Torino) e Palazzo di Caccia a Stupinigi
Il Parco della Tesoriera misura circa 75.000 metri quadrati ed è delimitato a sud da corso Francia, a ovest da corso Monte Grappa, a nord da via Asinari di Bernezzo e a est da via Borgosesia. E’ conosciuto come Giardin dël Diav, in quanto si vociferava che apparisse galoppando nel Parco un cavaliere nero, forse il fantasma del Tesoriere del Re, Ajmo Ferrero di Borgaro.
All’interno del Parco spicca la villa settecentesca, da cui il parco prende il suo nome, circondata da un grande prato verde alla francese; vi è un ricco patrimonio di alberi, arbusti e fiori, con specie tipicamente italiane e altre che, pur di provenienza lontana, si sono acclimatate, come la robinia, originaria del nord America, la quercia rossa e il platano, originari dell’estremo Oriente. Si possono ammirare 18 differenti specie arboree, tra le quali il noce nero, il faggio, il frassino, il tiglio, l’acero, l’olmo, il tasso, il bagolaro, il carpino bianco e la magnolia.
Vicino all’ingresso troneggia il gigantesco platano di sei metri e mezzo di circonferenza, piantato nel 1715: è l’albero più vecchio della Città.
8-9 luglio 2016 – Willi Dorner – BODIES IN URBAN SPACES
Performance site-specific che inaugura la presenza di Teatro a Corte negli spazi del Parco della Tesoriera di Torino, Bodies in urban spaces è un intervento artistico in spazi cittadini per venti performer, a metà strada tra teatro e installazione. Ammassati sotto ad una panchina, incastrati tra un gruppo di alberi, in bilico su una fontana, appollaiati sulla cima delle mura o camuffati tra gli stipiti delle porte i corpi degli artisti conducono il pubblico in un insolito itinerario all’interno degli spazi della loro città. Coinvolgono passanti, residenti e pubblico alla scoperta di nuove possibilità performative e regalano inedite suggestioni con le quali osservare luoghi già conosciuti. Presente da molti anni nei più importanti festival europei, il coreografo viennese Willi Dorner realizza con questo suo insolito intervento in spazi urbani una vera e propria azione site-specific, lavorando di città in città con gruppi di performer locali.
Willi Dorner, coreografo viennese, crea performance da palcoscenico, progetti site-specific, film e installazioni presentati nei maggiori festival internazionali. Bodies in urban spaces, presentato al Festival nella specifica versione torinese, ha ottenuto importanti riconoscimenti internazionali (premio per l’arte interdisciplinare al KOÏNZI-DANCE Festival di Amburgo) ed ha ispirato la pubblicazione del volume fotografico omonimo, realizzato con la fotografa Lisa Rastl. Dorner ha infine realizzato per il cinema i cortometraggi TREID (1999), mazy (2003), body trail e fleeting (2009), set in motion (2012) e every-one (2015).
A STUPINIGI
Residenza Sabauda per la Caccia e le Feste edificata a partire dal 1729 su progetto di Filippo Juvarra, la Palazzina di Caccia di Stupinigi è uno dei gioielli monumentali di Torino, a 10 km da Piazza Castello, in perfetta direttrice. Costruita sui terreni della prima donazione di Emanuele Filiberto all’Ordine dei Santi Maurizio e Lazzaro (1573), è oggi proprietà della Fondazione Ordine Mauriziano, un ente governativo dedicato alla sua conservazione e valorizzazione. Riaperta al pubblico dopo importanti lavori di restauro, la Palazzina di Caccia -fra i complessi settecenteschi più straordinari in Europa- ha piena dignità museale con i suoi arredi originali, i dipinti, i capolavori di ebanistica e il disegno del territorio. La costruzione della Palazzina di Caccia inizia nel 1729 su progetto di Filippo Juvarra, e continua fino alla fine del XVIII sec. con interventi di ampliamento e completamento di Benedetto Alfieri e di altri architetti quali Giovanni Tommaso Prunotto, Ignazio Birago di Borgaro, Ludovico Bo, Ignazio Bertola. Testimonianza eccezionale dello spirito del tardo Juvarra e di Benedetto Alfieri, si specchia e ritrova nel rococò internazionale delle residenze reali europee. È luogo di loisir per la caccia nella vita di corte sabauda, sontuosa e raffinata dimora prediletta dai Savoia per feste e matrimoni durante i secc. XVIII e XIX, nonché residenza prescelta da Napoleone nei primi anni dell’800. Agli inizi del XX secolo ospita i soggiorni torinesi della Regina Margherita, e dal 1919 è anche sede del Museo dell’Arredamento. Costituisce l’elemento eminente del patrimonio storico-artistico mauriziano.
8 LUGLIO 2016 – Les Colporteurs LE CHAS DU VIOLON / EVOHÉ
Fondata da Agathe e Antoine nel 1996, la compagnia nel 2000 inaugura la collaborazione con il gruppo Nouveau Nez creando La Cascade, un polo nazionale per il circo contemporaneo, e nel 2002 collabora con Giorgio Barberio Corsetti per i suoi spettacoli La Metamorfosi e Animali, Uomini e Dei e successivamente per una regia lirica.
Già ospiti di Teatro a Corte con Tarina e Hautes Pointures, Les Colporteurs tornano al Festival con un altro doppio spettacolo di grande abilità tecnica e di emozionante intimità.
L’Étoile è una struttura di tubi metallici e di funi d’acciaio, simile ad una scultura, su cui i Colporteurs hanno creato lavori di grande intensità, come quelli in programma a Stupinigi: Evohé, rilettura del mito di Teseo e Arianna, e Le chas du violon, racconto del legame tra madre e figlia. Due spettacoli creati sul filo degli affetti che si rincorrono inseguendosi attraverso i ricorrenti movimenti poetici della danza. Nell’uno troviamo Arianna abbandonata sull’isola di Naxos mentre cerca disperata le tracce di Teseo e si imbatte invece in Bacco; nell’altro assistiamo al dialogo tra una madre e sua figlia, unite dall’amore che supera tensioni e contraddizioni.
8 LUGLIO 2016 – Pauline Barboux / Jeanne Ragu – INSTANTS DE SUSPENSION
Pauline et Jeanne s’incontrano per la prima volta nel 2006, ancora studentesse di danza. La passione per discipline simili ed una stessa visione artistica dà il via alla loro collaborazione, unendo le reciproche esperienze di danza e circo contemporaneo. Entrambe diplomate all’Académie Fratellini, creano nel 2008 la Quadrisse, strumento che caratterizza i lavori del duo permettendo alle artiste di sviluppare una particolare tecnica circense di sospensione a mezz’aria.
Una piccola performance studiata per la Palazzina di Caccia di Stupinigi, in cui le due acrobate/danzatrici Pauline Barboux e Jeanne Ragu si esibiscono su un particolare strumento di loro stessa invenzione, la Quadrisse, congegno circense composto da quattro sottili trecce di corda nera che esaltano le evoluzioni acrobatiche delle performer. Prima di arrivare a Teatro a Corte, le due artiste diplomate all’Académie Fratellini hanno portato il loro numero di acrobatica aerea all’Arènes de Lutèces di Parigi, al Festival Internazionale del Circo di Domont, e in diverse arene indoor francesi.
8 LUGLIO 2016 – MARCO MUZZOLON DELLE FIABE E DELLE SEDIE
Marco Muzzolon è uno scenografo che da anni lavora in teatro in Italia e all’estero. Gli piace disegnare, dipingere, scrivere, ascoltare, camminare, raccogliere sassi, sedie, pezzi di legno, poesie, fotografie, frammenti di cielo. Da tempo ha iniziato un percorso di installazioni che nascono da idee, riflessioni e passioni condivise con l’amico Gianfranco Bella prima che questi fosse portato via da una tempesta invisibile.
Una sedia è a forma di zucca. Quella invece sembra una palla di cannone con quattro gambe e uno schienale. A una sedia manca una gamba, come al soldatino di stagno della fiaba di Andersen. Quella con il naso è la sedia di Pinocchio e quella con la spalliera che arriva fino al cielo è la sedia di Jack e il fagiolo magico… Ma da una sedia può nascere una storia? È possibile che una fiaba si trasformi in sedia e una sedia si trasformi in fiaba? Il narratore è andato via ma la storia è rimasta sulla sedia e lo spettatore è invitato a compiere un percorso tra le fiabe più famose della propria infanzia.
David Robotti
Enogastronomia, Ricette & Tradizione
La ricetta dei corzetti novesi
I corzetti al sugo di funghi sono senza dubbio un piatto tradizionale di Novi Ligure. Questa gustosa ricetta trae le sue origini dalla festa del rione della S.S. Trinità della città. In epoca antica era usanza prepararli con un particolare stampo con inciso l’occhio di Dio. Col tempo l’incisione è stata trasformata in un secondo tempo in un fiore perdendo così il suo significato religioso. E se il sugo più adatto è quello con i funghi, allo stesso modo è possibile gustarli anche con un buon ragù rosso di lepre o con erbette fresche come maggiorana e mentuccia.
Ingredienti per quattro persone:
Per la pasta servono:
– farina di semola di grano duro 400 g
– uova 4
– vino bianco qb
– noce moscata qb
– sale qb
Per il sugo servono:
– salsiccia di maiale 100 gr
– funghi secchi 40 gr
– trito di sedano, carota, cipolla, alloro e rosmarino
– passata di pomodoro qb
– vino bianco qb
– sale qb
Preparazione:
Impastate farina, uova, sale, noce moscata con il vino (qb per ottenere un impasto sodo). Lavorate a lungo l’impasto. Tirate poi la sfoglia in maniera piuttosto sottile e con l’apposito stampo ricavate i corzetti. Lasciateli asciugare su un telo e nel frattempo preparate il sugo.
Soffriggete il trito di sedano, carota, cipolla, alloro e rosmarino in una pentola (meglio se di terracotta) con un po’ d’olio. Poco prima che il trito inizi a friggere aggiungete i funghi (se secchi dovete lasciarli in ammollo qualche ora prima di preparare il sugo), il passato di pomodoro e la salsiccia. Sfumate con un po’ di vino bianco e lasciate bollire sino a quando la carne non sarà cotta.
Cuocete a questo punto la pasta in acqua salata, colate e rosolate un minuto nel sugo. Servite caldo.
Letteratura, Recensioni & Interviste
Il carcere? È visto da… Paolo Bellotti
«Racconti di grande efficacia narrativa. Tutto è vivo e palpitante, di una verità scorticante. Un esemplare quadro di umanità che trova modo di esprimere le più profonde e dolenti note umane». Parola di Elio Gioanola. Parole accorate che il maestro di San Salvatore ha voluto riservare a Visti da dentro, primo romanzo di Paolo Bellotti. Un innamoramento fulmineo quello di Gioanola che ne ha anche curato la prefazione.
Del resto la trama, coinvolgente e costruita con una maestria da veterano, racconta la storia di un vecchio contadino fratricida, uno straniero che ha ucciso per gelosia, un agente segreto e un camorrista. Sono loro i protagonisti, tanto diversi quanto uguali, delle quattro storie da Paolo Bellotti, educatore penitenziario, dentro le mura del carcere di Alessandria. Sono loro i Visti da dentro. Visti con gli occhi di chi scrive, con gli occhi di chi quei carcerati li vive tutti i giorni e con questo libro prova a restituirli alla loro dignità di persone. Un libro che si schiera apertamente contro ogni facile forma di giustizialismo sommario.
Belotti con Visti da dentro vuole portare il lettore a riflettere sulla condizione di libertà vista nella sua accezione sia negativa che positiva del termine. Perché libertà vuol dire anche scegliere tra bene e male, tra una vita “dietro le sbarre” e una libera ma vincolata dalle leggi che fanno grande una società civile. È così che nasce un libro emozionante che ti porta a comprendere l’umana miseria di quelle persone che vivono isolate dal mondo dentro delle mura. Pagine che vogliono raccontare una storia, è vero, ma una storia fatta di uguaglianza e solidarietà per quattro persone diverse che rivivono e raccontano le loro singolari storie.