Arte, Castelli
La bellezza del castello di Trisobbio
A sorvegliare il paesino di Trisobbio, dall’alto della sua imponenza, si trova un’antico castello le cui origini arrivano addirittura dal XIII secolo. Conteso a lungo tra Genova e Alessandria, questa struttura fortificata fu teatro di guerre e assediamenti. Non ultima quella del 1224 quando le truppe alessandrine occuparono Trisobbio insediandosi nel castello. E fu durante le trattative di pace successive che la fortificazione passò a Genova. Una situazione delicata che durante tutto il medioevo vide paese e castello in condomino. Una situazione decisamente ingarbugliata che peggiorò all’inizio del Quattrocento. È infatti del 1418 l’occupazione di Trisobbio da parte dei milanesi. Era la guerra contro Genova che vide il paese venir consegnato dai liguri al Monferrato, loro alleato. Il feudo poi passò ad un’altra famiglia genovese, Spinola che lo tennero fino all’invasione napoleonica.
Per quanto riguarda il castello, già all’inizio del XIII secolo la struttura era molto simile, almeno nella forma, a quella attuale. Alcune modifiche sono state fatte intorno alla fine del XV secolo, in concomitanza con l’arrivo dei Malaspina e il rafforzamento del castello. Il castello venne poi abbandonato e alla fine del XIX secolo era in completo stato stato d’abbandono. Questo sino al 1913 quando il marchese Carpaneto Spinola ordinò i lavori di restauro. Questi portarono la struttura all’aspetto esterno attuale.
Ma è stato solo nel 1989 che il castello, con tanto di parco annesso, è diventato proprietà del Comune di Trisobbio. Ad agevolare il passaggio l’allora proprietaria, la marchesa Carolina Gavotti Finocchio, con l’intermediazione della signorina Elena Bianchi che versò l’intera somma per l’acquisizione. Il Castello attualmente è stato restaurato e ospita un albergo-ristorante.
Arte, Castelli
Le bellezze della Pieve di Santa Maria
La Pieve di Santa Maria è sicuramente il monumento più importante di Viguzzolo, nonché uno dei più interessanti dell’intero tortonese. Questa chiesa in stile romanico e risalente all’XI secolo d.C., è nota nelle antiche carte come Sancta Maria in ripa padi. L’incisione indica il luogo dove scorreva la roggia, ora sotterranea, che proviene dal Curone e attraversava il paese. Abbandonata a sé stessa per diversi secoli, la Pieve di Viguzzolo è stata restaurata solo negli Anni ’40 del Novecento venendo aperta a visite guidate al pubblico attive su prenotazione ancora ai giorni nostri.
ANALISI ARCHITETTONICA
A renderla uno straordinario esempio di architettura antica è la pianta basilicale a tre navate absidate, con copertura a capriate. La Pieve è una costruzione semplice e ben proporzionata. Le tre navate sono impreziosite da tre absidi semicircolari (di quella di destra restano poche tracce) e tetto a doppio spiovente. La facciata, decorata da archetti pensili divisi irregolarmente da sottili lesene, presenta una porta ad arco a tutto sesto, e un occhio circolare costruito in epoca successiva. I muri laterali delle ali nord presentano alcuni segni di decorazione, mentre quelli della navata centrale e dell’abside maggiore mostrano specchiature scandite da lesene e archetti ciechi nelle quali si aprono finestre strombate. All’interno le navate sono divise in quattro campate di pilastri di forma quadrangolare con semicolonne addossate e contrapposte. Nella navata di destra si apre l’accesso alla cripta costituita da tre piccole navate scandite da colonnine e capitellini di pietra che reggono volte a crociera. Nonostante la datazione incerta si pensa sia stata costruita posteriormente alla pieve con elementi più antichi di recupero.
Bisogna ricordare che durante alcune operazioni di recupero sono riaffiorati dei lacerti di affresco al di sotto della pavimentazione dell’abside maggiore, oggi visibili grazie ad un’intercapedine lasciata aperta. Nella pieve è conservato un crocifisso ligneo di scuola piemontese-lombarda risalente alla metà del XVI secolo, il Cristo, recentemente restaurato, ha la particolarità di avere il capo movibile che ruota su di un perno di legno infisso nel collo, in origine nascosto da barba e capelli veri.

- Pieve di Santa Maria, l’altare e il suo crocifisso.
- Pieve di Santa Maria, la cripta
- Pieve di Santa Maria, la facciata centrale.
- Pieve di Santa Maria, la parte posteriore.
- Pieve di Santa Maria.
- Pieve di Santa Maria.
Arte, Castelli
A spasso per la Reggia di Stupinigi
È stato da poco riaperto al pubblico l’Appartamento della Regina nella Palazzina di Caccia di Stupinigi dopo tredici anni di restauri e 12mila ore di lavoro. Comunemente apprezzata come capolavoro architettonico di Filippo Juvarra (edificata a partire dal 1729), la residenza sabauda conserva ancora gli arredi originali, gli stucchi e un interessantissimo ciclo di affreschi, come quelli delle stanze della Regina, tanto singolari da attirare l’attenzione del Metropolitan Museum di New York, che ha inviato alcuni esperti in esplorazione, una volta ultimato il restauro. Restauro che ha coinvolto anche le boiseries, le incorniciature a tralci di edera dorata su sfondo di vetro blu, le tappezzerie, i serramenti e i camini.
L’appartamento della sovrana, che si affaccia sul celebre salone centrale in cui è affrescato il “Trionfo di Diana”, si compone di cinque locali: anticamera, camera da letto, gabinetto da toeletta, galleria di passaggio e salotto.
Nel 1733 erano stati principalmente due i pittori incaricati di affrescare le stanze riservate alla Regina e alle sue dame di corte: il veneto Giovan Battista Crosato, che nell’anticamera dipinse il “Sacrificio di Ifigenia”, e Charles-André Van Loo, che per la camera da letto scelse come tema “Il riposo di Diana”, considerato uno dei suoi capolavori.
Il ciclo pittorico è una chiara esaltazione della figura di Diana, che rispecchia il ‘carattere’ della Palazzina, adibita a luogo di caccia e di svago. La volta dell’anticamera, poi, raffigura Ifigenia, figlia di Agamennone e Clitennestra, sostituita all’ultimo momento con un cervo sulla pira sacrificale, a rispecchiare lo stesso animale collocato a coronamento della residenza sulla cupola centrale.
Insieme agli appartamenti, è di nuovo visitabile il parco storico, che ha subito importanti interventi di recupero. Chiuso da otto anni, il giardino rappresenta la continuazione ideale della Palazzina dal forte impatto scenografico, sui cui viali si affaccia il Salone delle Feste.
Iscritta nella Lista del Patrimonio Mondiale UNESCO dal 1997, per la rinascita di Stupinigi sono stati investiti fino ad ora circa 19 milioni di euro. In un momento in cui è sempre più forte l’attenzione riservata alla tutela e alla valorizzazione dei paesaggi culturali (eletti a tema dell’ultima Conferenza Generale del Consiglio Internazionale dei Musei – ICOM tenutasi a Milano dal 3 al 9 luglio), un passaggio a Stupinigi rappresenta un’occasione da non perdere. Malgrado le lamentele avanzate tramite Tripadvisor per il costo eccessivo del biglietto (12 €), ne vale senz’altro la pena per una visita!
Massimiliano Simone
Arte, Castelli
La storia del Castello di Camino
A Camino (Alessandria) sorge un antico castello. Si tratta di una struttura difensiva edificata intorno all’anno 1000 e utilizzata dalla popolazione dei paesi limitrofi come riparo da briganti ed eserciti di passaggio. Sino al 1200 d.C. Camino venne posseduto dalla casata dei Vescovi d’Asti, per passare poi nelle mani dei Marchesi del Monferrato. Un possesso che si interromperà nel 1323 quando Teodoro Paleologo, a causa dei debiti che lo affliggevano, fu costretto a concedere ai fratelli Tommaso e Francesco Scarampi, banchieri e mercanti d’Asti, l’investitura di Camino. Da quella data, sino al 1950, il castello rimase di proprietà della famiglia Scarampi di Villanova.
LA STORIA
Per quanto riguardo l’architettura, il primo intervento di rifacimento risale al 1500 quando gli edifici interni subirono numerosi interventi strutturali. I lavori continueranno anche nel 1600 e nel 1700 con la creazione delle finestre ad arco sulla sommità della torre, la posa di balconi di pietra sulla facciata e il rifacimento tutto settecentesco dello scalone e del salone da ballo. Gli interventi più drastici, riconoscibili ancora oggi, sono stati quelli apportati nel 1800 da Ferdinando Scarampi che riadattò la parte più vecchia del castello di Camino per realizzare la grande sala da pranzo in stile neogotico. Di questo periodo anche il teatro, affrescato con episodi del Don Chisciotte, opera letteraria spagnola di Miguel de Cervantes, e l’edificazione di una piccola cappella all’interno del cortile del castello.
OGGI
Dal 2003 il castello è divenuto sede dell’Associazione Culturale e di Promozione Sociale Castello di Camino Monferrato. Al suo interno si organizzano diverse attività per la valorizzazione del territorio e della struttura stessa. Per tutte le informazioni vi invitiamo al seguente indirizzo Internet castellodicamino.it. Per tutto il resto vi lasciamo a una visita virtuale della struttura realizzata da WhereWedding.co.uk. Buona visione.
Arte, Castelli
Il Castello Sannazzaro di Giarole
La data di fondazione di questo castello risale al 1163 a seguito dell’autorizzazione data dall’Imperatore Federico Barbarossa a quattro cavalieri della famiglia Sannazzaro in cui li autorizzava a costruire un forte «dovunque volessero nei loro possedimenti». Ecco che, secondo quanto riportano i documenti, nella seconda metà del 1200, ai confini orientali del marchesato del Monferrato, il castello venne edificato. Nel 1338 la struttura venne occupata dai Paleologo nel corso della guerra contro i Visconti di Milano e restituito ai Sannazzaro solo nel 1380.
LA COSTRUZIONE
L’ala più antica è quella prospiciente la trecentesca chiesa di San Giacomo (sud-est della struttura). In questa parte sono ancora ben visibili i resti del ponte levatoio, di una bifora quattrocentesca e di una torre con finestre gotiche rimaneggiate. Le torri che si trovano nella zona sud-ovest e in quella nord- est furono aggiunte solo alla fine del Cinquecento. Il primo restauro si ebbe nella seconda metà del Settecento. A essere rimessa a nuovo in quell’occasione fu l’ala sud verso il paese. Al contrario il restauro più importante è stato eseguito negli Anni ’50 dell’Ottocento con l’intervento di artisti torinesi quali Paolo Emilio Morgari, Andrea Gastaldi e Bartolomeo Giuliano. In questa circostanza vennero aggiunte le finestre neogotiche e realizzato un rialzo del lato nord e della torre di vedetta con la sostituzione del tetto a capanna con un tetto a merli ghibellini. In questa fase vennero aggiunti anche gli affreschi del salone d’ingresso e della sala da ballo, oltre alla decorazione con carta da parati delle camere da letto principali.
LA PROPRIETÀ
Il castello è sempre appartenuto alla famiglia Sannazzaro. Negli anni i nobili che lo abitavano aprirono le porte a personaggi potenti di ere passate come i principi Gonzaga, a metà del Settecento i re di Sardegna, Carlo Emanuele III e il figlio Vittorio Amedeo III. Nel 1859 soggiornarono il re d’Italia Vittorio Emanuele II e l’imperatore dei francesi Napoleone III, mentre nel 1911 è stato il principe Emanuele Filiberto di Savoia duca d’Aosta a dimorare per qualche tempo in questo splendido edificio.
COME VISITARLO
Il Castello Sannazzaro è aperto sempre il:
17 e 25 aprile
1, 21 e 22 maggio
12 giugno
11 settembre
9 ottobre
1 novembre
Il Castello è invece visitabile tutto l’anno su appuntamento (minimo 2 persone) con visite guidate alle ore 11.00; 15.00; 16.00; 17.00 (è possibile concordare altri orari a richiesta).
Per informazioni si possono contattare i seguenti indirizzi:
Tel: 347 2505519; 335 1030923
Email: info@castellosannazzaro.it
Arte, Castelli
Nel cuore di Milano una villa da favola
È innegabile che Milano restituisca di sé un’immagine di eleganza discreta. Abitualmente identificata come simbolo dell’Italia industriale, nelle sue vie più defilate, occupate da palazzine residenziali e da giardini privati dalla folta vegetazione, la città nasconde veri e propri tesori dell’arte e dell’architettura. È il 1932 e l’architetto Piero Portaluppi inizia la costruzione, in via Mozart, di una villa per una famiglia esponente dell’alta borghesia industriale lombarda. Stiamo parlando dei Necchi Campiglio, a cui si deve, tra l’altro, l’invenzione della celebre macchina da cucire.
A qualche isolato di distanza, appena due anni prima, lo stesso Portaluppi supervisionava i lavori dell’impresa Di Stefano e Radici per l’edificazione di una palazzina residenziale in zona Buenos Aires. Nessuno, all’epoca, poteva immaginare che in un appartamento di quella palazzina Marieda Di Stefano, figlia del costruttore, avrebbe raccolto insieme al marito Antonio Boschi (ingegnere alla Pirelli) una delle più importanti collezioni d’arte novecentesca italiana.
Queste singolari residenze oggi fanno parte del sistema delle case museo milanesi, all’interno del quale spiccano per quel carattere di singolarità che le contraddistingue. Villa Necchi Campiglio, donata al FAI nel 2001 dalle sorelle Nedda e Gigina Necchi, rappresenta un punto di svolta nella carriera di Portaluppi, per il graduale passaggio stilistico dalle linee déco verso quel razionalismo rigoroso che si afferma nel periodo a cavallo tra le due guerre mondiali. Qui vengono sfruttate tutte le innovazioni tecnologiche, tant’è che la piscina esterna riscaldata fu la prima della città. Per non parlare dei comfort di cui era dotata la casa: si pensi alla presenza dell’ascensore o dei citofoni interni.
Le sale di rappresentanza, la zona notte, i locali di servizio insieme alla palestra, alle sale per proiezioni e alle docce per la piscina, mostrano l’interesse per i valori di praticità e agiatezza, cui si accompagna il ricercato utilizzo di materiali di pregio. L’arredamento, rivisitato dopo la guerra da Tomaso Buzzi, grazie a un intervento di ‘ammorbidimento’ delle superfici, è giunto fino a noi praticamente intatto. Compreso il guardaroba delle padrone di casa, quasi che la villa fosse ancora abitata.
Una sensazione simile si può provare entrando in casa Boschi Di Stefano (la fondazione è nata nel 1998, a seguito delle donazioni di Antonio Boschi dell’appartamento e della collezione al Comune di Milano). Una volta terminati i lavori di restauro, è stata ricollocata nell’abitazione una selezione di opere della collezione – circa 300 delle 2000 raccolte dalla coppia – distribuite negli undici spazi espositivi secondo un ordine cronologico. Lascia senza parole la successione incalzante di opere di Boccioni, Severini, Carrà, Casorati, Sironi, Savinio e de Chirico, Fontana, fino alle sculture di Arturo Martini o agli Achrome di Piero Manzoni. Una passione, quella della coppia, che si è tradotta nella creazione di un museo-abitazione, in cui ogni cosa è sottomessa “alle ragioni dell’arte”.
Per tutte le informazioni su come visitare Villa Necchi Campiglio vi invitiamo a cliccare qui.
Massimiliano Simone
Arte, Castelli
Il Castello di Monastero Bormida
Un monastero diventato castello. È questa la singolare storia che si nasconde dietro le vicende del Castello di Monastero Bormida. Originariamente il castello, infatti, era un monastero e l’attuale torre era il suo campanile. Nel corso del XV secolo venne però aggiunta una prima struttura difensiva dai marchesi del Carretto. A questa prima modifica ne susseguirono altre. Così, ristrutturazione dopo ristrutturazione, ampliamenti dopo ampliamenti, quello che era un semplice monastero assunse sempre più le fattezze di un forte. Gli interventi più evidenti furono senza dubbio l’arco di epoca medioevale che unisce il castello alla torre.
Proprio la torre, alta 27 metri in stile lombardo, presenta fregi e archetti pensili realizzati in mattoni e pietre. Oggi il castello ha una facciata seicentesca e mantiene sul retro la loggia cinquecentesca che è anche visitabile. La famiglia Carretto a metà del XIX secolo cedette la proprietà alla famiglia Della Rovere a cui seguì la famiglia Polleri di Genova che la vendette al Comune, attuale proprietario.
COME VISITARLO
Il Castello di Monastero Bormida è aperto sempre il:
5 e 19 giugno
3 e 17 luglio
7 e 21 agosto
18 settembre
2 ottobre
Il Castello è invece visitabile anche al di fuori delle date di Castelli Aperti su prenotazione per gruppi. Le visite guidate si tengono ogni ora dalle dalle 15.00 alle 18.00.
Per informazioni si possono contattare i seguenti indirizzi:
Tel: 0144 88012; 328 0410869
Fax: 0144 88450
Email: info@comunemonastero.at.it