Letteratura, Recensioni & Interviste
Angolo lettura: L’ultimo giro della notte
Ce ne fossero di libri così. E già con un’introduzione così dovreste già aver capito che L’ultimo giro della notte non è un semplice romando. Ma è un concentrato di adrenalina, colpi di scena e pathos. In questo senso Michael Connelly ci azzecca in pieno regalando ai lettori qualcosa che li terrà incollati alle 372 pagine per scoprire chi si nasconde dietro un brutale omicidio. Molto più di un semplice thriller…
Sinossi
«La scarica di adrenalina adesso era una locomotiva in corsa nelle sue vene. Nel profondo di sé, Renée Ballard sapeva che era per via di momenti come questo che non avrebbe mai mollato, qualsiasi cosa dicessero di lei, in qualsiasi turno la obbligassero a lavorare.» La polizia di Los Angeles non è stata gentile con Renée Ballard: ex reporter di nera, è entrata in polizia stufa di scrivere di crimini, e impaziente di risolverne qualcuno, e in poco tempo è diventata detective alla Omicidi. Ma poi qualcosa è andato storto. E adesso la detective Ballard è relegata al turno di notte, insieme al collega Jenkins, a godersi dagli scomodissimi posti in prima fila quello che in polizia chiamano “l’ultimo spettacolo”. Ciò che di peggio la notte losangelina ha da offrire. Qualunque cosa accada, però, alle sette del mattino il turno finisce: l’ultimo giro di ruota della notte non consente mai ai detective dell'”ultimo spettacolo” di vedere un crimine risolto, di seguire un caso fino alla fine. E così anche questa notte. Un travestito picchiato selvaggiamente, trovato sul lungomare in punto di morte; una cameriera aspirante attrice freddata sul pavimento del Dancers, un locale di Hollywood. Ballard e Jenkins sono subito sulle scene del crimine. Ma stavolta Renée, che non è famosa per l’amore delle regole, decide di fregarsene delle procedure: perché dietro i due crimini ha intravisto più che un casuale scoppio di violenza. In una Los Angeles nera come non mai, Michael Connelly ambienta una nuova storia, intrecciando più casi e soprattutto presentandoci un nuovo personaggio destinato a restarci ben impresso.
Autore: Michael Connelly
Titolo: L’ultimo giro della notte
Editore: Fazi
Pagine: 372
Prezzo: 19.90 euro
Letteratura, Recensioni & Interviste
Angolo lettura: Un’estate in montagna
Un libro che parla di montagna ma che anche ti accompagna in montagna. In una natura e concezione delle Alpi che ormai sta venendo sempre meno. Era la montagna che si riprendeva il proprio ruolo dopo gli orrori della Grande Guerra. Ed è quello che vuole fare anche la protagonista di Un’estate in montagna: ritrovare se stessa. Per farlo ha deciso di rifugiarsi nel suo chalet in Svizzera. Non può sapere che l’imprevisto si avvicina sotto forma di due posate signore inglesi con un passato misterioso.
Luglio 1919. Dopo una lunga camminata, Elizabeth giunge al suo chalet in montagna e, ancora prima di entrare, si accascia sull’erba fuori dalla porta. È stanca, sfinita, devastata dagli orrori della guerra. Come un animale ferito, cerca sollievo nella solitudine e nella bellezza del luogo: le estati, fra le montagne svizzere, sono calde e fresche insieme, le notti immense e quiete, i pendii profumano di miele. Fino a pochi anni prima, però, la casa, ora così silenziosa, era piena di amici. Ma il giorno del suo compleanno, Elizabeth riceve un regalo inatteso: due donne inglesi giungono per caso allo chalet in cerca di un posto dove riprendere fiato dalla passeggiata e dal sole. La padrona di casa le accoglie, prima per un pranzo, poi per un tè, poi per qualche settimana. E una scintilla di speranza si riaccende. All’allegro terzetto, infine, si aggiunge anche zio Rudolph, un pastore anglicano sessantenne che immancabilmente si innamora della più giovane delle due ospiti, quella con il segreto più vergognoso e il passato più scandaloso…
Autore: Elizabeth von Armin
Titolo: Un’estate in montagna
Editore: Fazi
Pagine: 200
Prezzo: 15.00 euro
Letteratura, Recensioni & Interviste
Quattro chiacchiere con Carmen Cillo tra poesia e romanzi
“IdeAli” racconta della voglia di esprimere se stessi, divisi tra legittima aspirazione di affermare la propria individualità e la necessità di confrontarsi con gli altri. Sofia, personificazione della saggezza, Alessandro dell’istinto, Elena del coraggio, Er della creatività e Ombra della curiosità. Sono loro i protagonisti di una storia ricca di mistero, ispirata a un famoso mito (quello della Caverna di Platone, ndr), in cui la realtà sfuma nella fantasia.
Da cosa è scaturita l’idea di scriverlo?
Vedo la scrittura come un atto d’amore attraverso il quale un autore s’impegna a regalare a un pubblico una storia. Insomma, una parte di sé. Per questo motivo ho desiderato pubblicarne uno da quando ho imparato a scrivere.
Così giovane e così appassionata. Non è facile trovare una persona con queste caratteristiche, come mai?
La passione non ha età. Non credo sia difficile trovare giovani appassionati, piuttosto trovare giovani appassionati che abbiamo il coraggio di “venire allo scoperto”. Tutti hanno bisogno di un incoraggiamento e di qualcuno che dia loro fiducia. Io ho avuto la fortuna di avere la mia famiglia a sostenermi, ma quanti giovani vogliosi di esprimersi non lo fanno per paura di essere fraintesi, giudicati o stroncati sul nascere? Il futuro si aspetta da noi tantissimo, a tal punto che molti, schiacciati dal suo peso, si siedono ed aspettano che altri se lo carichino sulle spalle, ma perché si siedono? Spesso perché, come hanno provato a fare qualcosa, gli è stato detto “Non sei capace”. Tutti siamo capaci e tutti siamo incapaci: il futuro siamo proprio noi. Sporchiamoci le mani! Io ho scelto l’inchiostro.
C’è la voglia di raccontare di un amore, a quel tempo, appena nato: da qualche mese avevo iniziato a studiare filosofia e avevo scelto di farne il mio percorso universitario e di vita. Ho scritto un romanzo in cui ogni personaggio è alla ricerca di qualcosa da sentire come propria. Il tema della ricerca di se stessi ricorre in tutte le pagine e caratterizza anche il mio vissuto.
Quali sono i tuoi modelli letterari?
La lettura non ha per me semplicemente uno scopo informativo. Mi piace leggere saggi, manuali, classici di filosofia. Sono attratta da chiarezza argomentativa e da spiegazioni esaustive, quindi come modello prendo autori capaci di semplificare la comprensione di concetti difficilissimi. La mia scrittura è caratterizzata da metafore e simbolismi, immagini, descrizioni e giochi di parole che uso proprio per rendere semplice la complessità dei temi che voglio trattare e credo che questo approccio narrativo sia ciò che prendo dalle mie letture.
Hai già in mente altre pubblicazioni?
Ci lavoro costantemente, ho ancora tante storie da raccontare.
La tua attività letteraria non si ferma qui, abbiamo visto che su Instagram pubblichi spesso poesie.
La poesia è tutto per me, il mio spazio libero. Ho iniziato scrivendo poesie, sento la poetica il mio linguaggio naturale. Instagram è una finestra, mi ha insegnato a confrontarmi con il pubblico, a “sapermi ben vendere”, poiché è pur sempre una grande vetrina. Mi ha fatto fare i conti con la mia timidezza. Spero di conoscere sempre nuovi lettori a cui donare le mie parole, prendendo dimestichezza sempre più con le piattaforme social.
Piacevolmente positiva. Quest’anno ho lavorato per l’artista fiorentino Andrea Stella, arricchendo il suo catalogo con le mie poesie e nell’occasione in cui è stata inaugurata la sua mostra “La Corte dei Sognati” alla Certosa del Galluzzo di Firenze, ho potuto confrontarmi con il pubblico, presentando le sue opere e la mia poetica. Solo allora ho raccolto il più significativo riscontro positivo nei riguardi della mia attività letteraria.
Letteratura, Recensioni & Interviste
Angolo lettura: Il complotto contro l’America
Il complotto contro l’America forse non è uno dei migliori libri di Philip Roth che comunque riesce a rifilare la zampata consegnando un romanzo dai tratti attraenti. Lo scrittore ci porta in questo modo in degli States immaginaria (ma neanche troppo) dove Lindbergh diventa Presidente al posto di Roosevelt. Un vero stravolgimento di come è andata veramente. E così ci troviamo in un’America intollerante, razzista e antisemita, alleata di Hitler. Il romanzo divanta un mix tra l’autobiografia e la fantapolitica, in cui Roth riesce a fornire uno spaccato fantasioso ma in alcuni tratti molto vicino alla realtà attuale.
Sinossi
Quando l’eroe dell’aviazione Charles A. Lindebergh, rabbioso isolazionista e antisemita, sconfigge Franklin Roosevelt alle elezioni presidenziali del 1940, la paura invade ogni famiglia ebrea americana, soprattutto quella del piccolo Philip, investita dalla violenza del pogrom che si scatena. Roth parte da questo antefatto di fantastoria per raccontare cosa accadde a Newark alla sua famiglia, e a un milione di famiglie come la sua, durante i minacciosi anni Quaranta, quando i cittadini ebrei americani avevano buoni motivi per temere il peggio.
Autore: Philip Roth
Titolo: Il complotto contro l’America
Editore: Super ET
Pagine: 412
Prezzo: 13.50 euro
Letteratura, Recensioni & Interviste
Quattro chiacchiere con Luca Marcello, autore di Luce nell’oscurità
Luce nell’oscurità (acquistabile al seguente link) è il romanzo d’esordio di Luca Marcello, il 33enne milanese con una passione innata per la scrittura. Una passione coltivata “da sempre ma mai realizzata poiché forse non avevo trovato ancora l’argomento giusto“. E via allora con una nuova chiacchierata e la voglia di scoprire un mondo tra il fantasy e l’horror in una costante lotta tra bene e il male.
Raccontaci di cosa parla il tuo romanzo.
Parla di amicizia, del legame che unisce persone con un fine comune, ma ancor più, di quel legame che non si ha bisogno di costruire, perché è innato e semplicemente si incontra quando scopriamo qualcuno a noi affine. Parla anche del passaggio dall’essere ragazzo al divenire uomo, della consapevolezza e, soprattutto, accettazione, che prende il posto dell’insicurezza e dell’attesa. Tutto questo mentre, sullo sfondo, la guerra di sempre, tra bene e male, prosegue con nuovi e vecchi protagonisti
Da cosa è nata l’idea di scrivere un libro?
Probabilmente da un’esigenza. Poter dire ciò che hai dentro, condividerlo, portarlo nel mondo, anche nella speranza di incontrare qualcuno che lo sentirà allo stesso modo nel quale lo senti tu. Per non essere più soli. Sono stati più che altro speranza e desiderio a muovermi.
Che difficoltà hai trovato nella sua stesura?
La principale credo sia stata trovare la serenità per farlo. Sai, per riuscire a sentire te stesso davvero e mettere in ordine, svolgendo, tutte quelle cose che hai dentro, tante delle quali non sai realmente quali forme potranno assumere. Si tratta di qualcosa di terapeutico, arriverei a dire.
Invece l’idea da cosa è arriva?
Letture, cose che ho visto. A sfondo horror o gotico comunque. L’universo Fantastico mi attira e affascina, tanto alla luce quanto nell’oscurità. Sono due facce della stessa medaglia, che, in effetti, altro non è che la nostra vita, solo filtrata attraverso una luce magica e sognante.
Da quanto desideravi metterti a scrivere?
Forse da sempre. Credo non avessi trovato davvero qualcosa del quale volessi scrivere. L’ambientazione, i personaggi, l’atmosfera sono molto importanti per me come scrittore, oltre che come lettore. Non devo annoiarmi mentre scrivo, devo sognare anch’io con la storia.
Hai dei modelli letterari?
Direi di no, non che riconosca come tali a livello conscio almeno. Ho degli scrittori che ammiro molto, questo sì, ma poi ognuno dev’essere sé stesso, è l’unica cosa che abbia un senso in questa nostra vita. Sicuramente sono influenzato da una quantità di cose che ho vissuto e vivo, come chiunque altro. Parlando degli scrittori che preferisco posso citarne diversi: Dostoevskij, King, Asimov, Mann, Tolkien, Gaiman, Bach, più diversi grandi autori del genere horror.
Il tuo è un romanzo anche introspettivo come si legge dalla trama: qual è la linea che “solo la lotta per la sopravvivenza ci obbliga ad oltrepassare”?
Innanzitutto per sopravvivenza non è da intendersi la mera continuità delle funzioni fisiologiche. Si arriva ad un punto nella vita nel quale tutte le maschere e le bugie che diciamo a noi stessi non reggono più, non sono più sufficienti. A quel punto siamo noi che possiamo, e solo noi, scegliere se arrenderci e lasciarci andare o combattere, combattere per la sopravvivenza di noi come entità, individui, nella nostra unicità. Quella linea è quella che sta tra vivere davvero e non farlo, tra essere davvero e solo lasciare che la vita scorra nell’attesa, tra il prendersi la responsabilità di se stessi, appieno, accettarsi sinceramente e rinnegare ciò che siamo.
Hai progetti per l’immediato futuro?
Ho terminato da poco il mio secondo libro, il cui nome è Starlight. Adesso devo solo trovare qualcuno che voglia crederci, come Caravaggio Editore ha fatto con il primo. È molto importante per me continuare a scrivere; so che potrà sembrare eccessivo, ma è un po’ la mia missione. È così che la sento. Ho avuto una vita che posso solo definire differente. Ciò che ho imparato e che il mio cuore sente vorrei continuare a poterlo trasmettere a chi vorrà ascoltare.
Letteratura, Recensioni & Interviste
Angolo lettura: Resto qui
Tutto parte negli Anni ’20 per protrarsi sino a quelli ’50, un lasso di tempo che permette all’autore Marco Balzano di narrare l’indecisione tra l’andare e il restare, con il carico di perdite e di eventuali guadagni che comportano l’una e l’altra scelta. In Resto qui viene raccontato quello che è il dolore di un addio. Da qui ne nasce una storia dove la protagonista si sente persa e sperduta.
Sinossi
L’acqua ha sommerso ogni cosa: solo la punta del campanile emerge dal lago. Sul fondale giace il mistero di Curon. Siamo in Sudtirolo, terra di confini e di lacerazioni: un posto in cui nemmeno la lingua che hai imparato da bambino è qualcosa che ti appartiene fino in fondo. Quando Mussolini mette al bando il tedesco e perfino i nomi sulle lapidi vengono cambiati, allora non resta che scegliere le parole una a una per provare a raccontare. Trina è una giovane madre che alla ferita della collettività somma la propria: invoca di continuo il nome della figlia, scomparsa senza lasciare traccia durante gli anni del fascismo. Da allora non ha mai smesso di aspettarla, di scriverle nella speranza che le parole gliela possano restituire. Finché la guerra viene a bussare alla porta di casa, e Trina segue il marito disertore sulle montagne, dove entrambi imparano a convivere con la morte. Poi il lungo dopoguerra, che non porta nessuna pace. E così, mentre il lettore segue la storia di questa famiglia e vorrebbe tendere la mano a Trina, all’improvviso si ritrova precipitato a osservare, un giorno dopo l’altro, la costruzione della diga che sommergerà le case e le strade, i dolori e le illusioni, la ribellione e la solitudine.
Autore: Marco Balzano
Titolo: Resto qui
Editore: Einaudi
Pagine: 192
Prezzo: 18.00 euro
Letteratura, Recensioni & Interviste
Quattro chiacchiere con Simone Sciamè autore di Storie già viste
Nonostante abbia solo 24 anni Simone Sciamè ha le idee ben chiare. Perché fare lo scrittore non è solo un hobby o una passione, ma qualcosa di più. E con il suo Storie già viste esprime quelle che sono le sue obiezioni, dubbi e critiche “alla società in cui vivo. Osservavo comportamenti immaturi e vicini all’assurdo, realizzando poi che – spesso – sono all’ordine del giorno. Ho raccolto esperienze di vita, le ho esasperate e il risultato è la mediocrità dei cliché della vita. Proprio quello che desideravo spiegare“. Un’opera autoprodotta, acquistabile a questo link, con una campagna di crowfonding il 25 agosto “anche se alcune case editrici sono comunque interessate a pubblicarle“.
Cosa racconta il tuo libro in concreto?
“Storie già viste” parla di un analista-scrittore alla ricerca del vero amore, del suo amico professore di matematica in crisi sentimentale, di una giovane studentessa di filosofia reduce da una rottura. Il racconto mostra con ironia e amarezza le loro vicissitudini amorose.
Che personaggio è il protagonista, in qualche modo ti rappresenta?
Nel racconto non viene mostrato il Dario scrittore o analista, ma il Dario uomo. Forse, nel mio piccolo, vorrei non essere come lui. Nel personaggio di Dario penso di aver impiantato il seme della diversità.
Quali difficoltà hai trovato per scrivere il tuo primo romanzo?
Secondo la mia esperienza posso dire che ce ne sono diverse. Per scrivere occorre solitudine, silenzio, nessuna distrazione esterna. Cose difficili da ottenere se hai delle responsabilità da adempiere, impegni lavorativi, scadenze. Capita che queste responsabilità incombano quando c’è ispirazione, e diventa difficile lavorare. Nel caso di questo libro però ho scritto di getto, in pochi mesi, avendo molto tempo libero.
Cosa ti ha spinto a scrivere?
Una necessità impellente. L’idea di mostrare una parte della società e delle sue debolezze mi faceva sentire svuotato e sazio al tempo stesso. È stato come raccontare un sogno: esorcizzi le emozioni e interiorizzi il suo significato.
Tu che sei un millenials, come giudichi la tua generazione? Il rapporto che hanno con la cultura?
Percepisco questo disamore praticamente da tutta la vita. È difficile trovare appassionati di scrittura o letteratura, vengono viste come attività da vecchi bibliotecari noiosi. Quando dico che mi piace scrivere o che vorrei fare lo scrittore mi guardano con occhi spalancati e increduli, alcuni sornioni. Sembra che la scrittura, così come alcune materie umanistiche e di pensiero, abbiano subito una svalutazione. Forse merito del materialismo, forse merito del social in pochi caratteri, forse alcuni professori di liceo pigri. Credo sia un insieme di vari fattori.
Dove nasce invece il tuo amore per la letteratura?
Da quando lessi il mio primo libro: “Io uccido” di Giorgio Faletti. Avevo 16 anni.
Domanda secca: cartaceo o ebook?
Sono un fan del cartaceo. Quando penso ad un libro non penso a nulla di elettronico. Adoro carezzare le pagine, sentirne l’odore, sottolineare a matita, tornare indietro e poi ancora avanti. I libri conservano un fascino antico che non può essere sostituito da un dispositivo elettronico. E, lasciatemelo dire, speriamo sia così per sempre.
Letteratura, Recensioni & Interviste
Angolo lettura: Il delfino
Alan Rauch, autore de Il delfino, ha attinto da anni di esperienza di lavoro e studio per fornire spunti di riflessione sui modi in cui abbiamo interagito e interpretato questa creatura nel corso dei secoli. Si tratta di un’attenta e accurata monografia che offre una visione completa sul questo mammifero, descrivendone sia la notevole zoologia che la storia sociale e culturale.
Sinossi
Gli umani adorano i delfini e i delfini, a quanto pare, amano gli umani. Eppure, nonostante pensiamo di conoscerli bene, in realtà la maggior parte delle persone non sa bene come si sono evoluti, come funziona il loro organismo e come hanno interagito con l’uomo per millenni. Nel Delfino, Alan Rauch attinge da anni di esperienza di lavoro e studio dedicati ai delfini per fornire spunti di riflessione sui modi in cui abbiamo interagito e interpretato questa deliziosa creatura nel corso dei secoli. Questa monografia offre una visione completa dell’animale, descrivendone sia la notevole zoologia che la storia sociale e culturale. Per secoli si credeva che i delfini proteggessero i marinai e, per estensione, diventassero emblematici del viaggio sicuro, della gentilezza e della carità. Nell’antica Grecia apparivano sulle monete, ed era considerato di buon auspicio quando seguivano la scia di una barca. Nella mitologia indù il delfino è associato a Ganga, la divinità del fiume Gange. E così via, fino ai libri, ai film e alle serie televisive più recenti, i delfini continuano ad affascinare gli umani e ad essere rappresentati in forme che raccontano tanto dell’animale quanto, soprattutto, dell’immaginario umano.
Autore: Alan Rauch
Titolo: Il delfino
Editore: Animalia
Pagine: 284
Prezzo: 18.00 euro
Letteratura, Recensioni & Interviste
Quattro chiacchiere con Annalisa Baldinelli autrice di Volevo vendere sogni
Da un’agenzia di viaggia alle librerie con il suo primo romanzo. Questa è la storia di Annalisa Baldinelli una donna che ha dato un taglio con il passato e si è buttata in una nuova vita. O almeno così pare. Perché Volevo vendere sogni, edito da Bertoni Editore, prende spunto da quella che è stato il suo passato lavorativo. “Da quel mio lavoro in agenzia è nato il libro. Anche il titolo è molto emblematico. Pensateci, che va in agenzia di vaggi vuole comprare una vacanza da sogno, inseguire il sogno del benessere“. Un libro quindi che racconta dei sogni degli altri, delle loro speranze, della loro voglia di vivere per un breve periodo in maniera diversa dalla solita routine.
Di cosa parla esattamente il tuo libro?
Ho scelto di narrare alcuni degli episodi più significativi che hanno costellato la mia carriera di banconista per un’agenzia di viaggi in tono ironico e divertenti ma terribilmente veri. C’è chi desidera la vacanza più strepitosa al prezzo più vantaggioso, chi la luna di miele più originale, chi sceglie di far viaggiare con sé parenti, amici e perché no anche Fido, chi approfitta del suo viaggio d’affari per vivere una doppia vita, colleghi “difficili”, rimborsi improbabili e molto,molto altro ancora. Emergono pertanto pregi e difetti, vizi e virtù, punti di forza e di debolezza di ognuno di noi tutte le volte che vestiamo i panni del “cliente”, perché almeno una volta nella vita tutti siamo stati clienti!
Come mai questa tematica?
Si dice che nella vita sono quattro o cinque i giorni che si ricordano, il resto fa volume! Non volevo che questa mia esperienza fortemente formativa non finisse nel dimenticatoio. Credo molto nel valore dei rapporti umani e delle persone che ci permettono di conoscere, condividere e far crescere l’animo di ognuno di noi.
Quando hai deciso che volevi fare la scrittrice?
Ho cominciato a scrivere quando la mia carriera di agente di viaggio stava volgendo al termine e in maniera del tutto casuale. Questo libro è stato chiuso in un cassetto per diverso tempo, finché non ha incontrato un editore Jean Luc Bertoni, che ha creduto in questo progetto, ha aperto quel cassetto ed ha deciso di far volare in alto i sogni, facendo sognare i lettori ed un po’ anche me che sono stata l’artefice di tutto questo.
Quale delle due esperienze è stata più difficile: la banconista in un’agenzia di viaggi o scrivere un romanzo?
Diciamo che nessuna delle due è stata facile. Lavorare nel mondo del turismo è terribilmente affascinante per il numero di persone con cui si entra in contatto quotidianamente e con i tanti mondi differenti con cui ci si rapporta, il che ha il suo rovescio della medaglia, soprattutto quando si é chiamati a realizzare i sogni di chi ci si siede di fronte o ad organizzare nel miglior modo possibile un bene preziosissimo che ci viene affidato: il proprio tempo libero. Scrivere è stato per me del tutto naturale. La varietà delle situazioni scelte ed il far emergere i diversi punti di vista, desta qualche punto interrogativo, che trova soluzione in quelli che sono i valori personali.
Che problemi hai avuto nello scrivere il tuo romanzo?
Credo che ogni progetto che si accinga ad intraprendere ha le sue difficoltà e facilità allo stesso tempo, per questo è affascinante. È una sfida che ci permette di metterci in gioco.
Da dove nasce la tua passione per la scrittura?
Non c’era nulla di programmato. Anni fa e per molti anni ho redatto articoli di marketing turistico su riviste a tiratura nazionale come Siti, la rivista delle città patrimonio dell’Unesco. In autunno dovrebbe uscire una mia pubblicazione, nulla di programmato anche qui.
Hai dei modelli letterari precisi?
Leggo di tutto, un po’ perché provengo da studi classici e mi sono formata leggendo la letteratura greca e latina. Poi però ho spaziato. Leggo tutto ciò che mi desta curiosità. Sono passate per le mie mani la Allende, ma anche la Rowling, Kaled Hosseini, Camilleri, la Fiorello. Devo trovare qualcosa che catturi la mia attenzione: la trama, la copertina, l’autore o tutti e tre. No, non ho preso spunto da nessuno, ho soltanto “presentato me stessa”, la mia ironia… l’ironia già, dicono abbia salvato il mondo!
Letteratura, Recensioni & Interviste
Quattro chiacchiere con Chiara Romanello, autrice di gialli con sfumature sentimentali
Appena 31 anni e già due libri pubblicati alle spalle. Chiara Romanello, la giovane scrittrice piemontese, sa il fatto suo quando si tratta di scrivere, riuscendo a passare dai racconti e favole per bambini a romanzi gialli per adulti. Un passaggio nato quando “ho capito di voler tenere occupata la mente con qualcosa di maggiormente impegnativo“, ci spiega. Ed è da questa esigenza che sono nati Il ristorante sul mare (2017) e Il mistero dell’uomo della spiaggia (2018) entrambi i romanzi editi da Lar Editore e acquistabili al seguente link. “Mi piaceva molto scrivere fiabe per bambini, però la sfida di buttare giù un romanzo mi intrigava parecchio. Appena ho avuto l’intuizione giusta (in una notte di insonnia come mi capita spesso), mi sono buttata a capofitto, con costanza e determinazione, nella stesura del mio primo libro“.
Cosa è più difficile: scrivere per un adulto o per un bambino?
Sono due modi di scrivere diametralmente opposti. Quando il destinatario finale di un racconto è un bambino, bisogna riuscire a usare termini di immediata comprensione, un linguaggio semplice con molti dialoghi ed essere esaustivi e chiari, cercando di non dilungarsi troppo. Quando si scrive per gli adulti le cose cambiano notevolmente. Le pagine si arricchiscono di dettagli e descrizioni, i personaggi, che per quanto riguarda le fiabe sono tutti molto fantasiosi, assumono caratteristiche reali e devono essere il più coerenti possibile. Bisogna suscitare nel lettore adulto la curiosità ed invogliarlo a continuare ad addentrarsi nella storia, quindi un romanzo, oltre a essere ben scritto, deve stuzzicare l’interesse della persona, creando la giusta atmosfera e ambientazione. Io trovo più complesso scrivere per gli adulti, ma lo faccio con più passione ed è per questo che credo mi riesca meglio.
Qual è stata la maggiore difficoltà nella stesura del tuo primo libro?
Senza dubbio riuscire a mantenere il mistero fino alla fine del romanzo. Dovevo stare attenta a quali parole utilizzare per non svelare il segreto che si cela nel racconto. Sono riuscita nell’impresa, perché il finale è risultato sorprendente, qualcosa che il lettore non si aspetta e che fa tornare con la memoria sui passaggi della storia in cui poteva trapelare qualcosa e che, invece, è rimasto nascosto tra le pagine del libro.
Cosa c’è di te in questi romanzi?
Il primo romanzo è ambientato in parte in Piemonte (nel paese in cui abito attualmente) e in parte in Liguria, la mia terra d’origine, quindi la “scenografia” è assolutamente autobiografica. Inoltre sono stata per sette anni la titolare di una pizzeria, quindi anche l’ambito della ristorazione fa parte di quello che è stato il mio passato. Credo che i personaggi rispecchino sempre lo scrittore perché nascono dalla sua mente. Ognuno di loro esprime delle caratteristiche che, in qualche modo, hanno a che vedere con chi li ha creati, che si tratti di aspetti che ci piacciono o meno del carattere proprio o degli altri. Alcuni li definirei proprio un alter ego, come il riflesso di Alice che, nello specchio, viveva in una sorta di mondo parallelo.
Come mai hai scelto questa tematica a metà tra il giallo e una storia d’amore?
Sono un’ inguaribile romantica e amo le storie d’amore, nonostante questo mi piace condire il sentimentalismo con quel pizzico di segretezza che crea suspense e attesa. Voglio che il lettore rimanga affascinato senza annoiarsi… alla fine è un po’ quello che cerco io quando leggo un libro. Amore e mistero sono una combinazione interessante su cui lavorare.
Nel 2018 è poi uscito un altro romanzo, più difficile scrivere quello di esordio o il secondo?
Ho riscontrato difficoltà differenti. Nel primo, forse proprio perché era la prima esperienza, ho riflettuto molto di più sulla forma e sui vocaboli da utilizzare, mentre con il secondo ho scritto di
getto. Il primo è un racconto completamente di fantasia, mentre il secondo è tratto da una storia vera, quindi mi sono dovuta documentare su molte cose, inoltre ho dovuto immaginare la soluzione di un caso davvero particolare, incastrando ogni tassello in modo da creare una verità che risultasse credibile. Per questi motivi ho trovato molto più complicato scrivere il secondo.
Hai altri progetti letterari nell’immediato futuro?
Premetto che mi definisco una scrittrice seriale, quindi scrivo di continuo, che si tratti di una frase, una poesia o un pensiero. Non solo ho già scritto un terzo romanzo, ma attualmente sto lavorando alla stesura del quarto. Mi piace variare, ma mantengo comunque il mio timbro e le mie caratteristiche, perciò il terzo, anche se cambia genere (perché è una saga familiare che si svolge alla fine del 1800) conserva le linee guida che mi contraddistinguono: amore e mistero. A differenza dei primi due però, il finale risulterà diverso. Non aggiungo altro per non guastare il piacere della lettura.
Dove nasce la tua passione per la scrittura?
Io dico sempre che la passione per la scrittura nasce con me. Dal momento in cui ho imparato a scrivere ho sempre avuto questa inclinazione. Alle elementari amavo le ore in cui dovevo svolgere il classico tema scolastico. Non facevo mai la copia di “brutta”, scrivevo di getto e alla fine correggevo pochissimo. Ora trovo la scrittura quasi terapeutica. È un modo di esprimere me stessa e le mie sensazioni. Trovo nella scrittura uno sfogo emozionale. È un bisogno, una necessità, qualcosa di cui non posso fare a meno.